lunedì 29 marzo 2010
sardine arrotolate allo speck e profumo di arancia
mercoledì 24 marzo 2010
Le Infingarde capresi di Lydia, Cibou, Montersino....e anche un pochino mie!
Premetto che ho iniziato ad apprezzare seriamente i dolci al cioccolato solo da qualche anno (capitolo mousse a parte), nel senso che lo adoro e infilato qua e là nelle torte l’ho sempre amato, ma i dolci dal gusto preponderante di cioccolato proprio no, sempre troppo zuccherosi e stucchevoli…ma adesso inizio a credere di aver sempre assaggiato dolci cucinati male e con prodotti di scarsa qualità perché da quando, per puro caso su esplicita richiesta, ho iniziato a produrli con le mie mani, ho visto la luce!! ...Non che io abbia chissà quali doti culinarie, non sono una chef, ma amo cucinare e prestare attenzione alla qualità dei prodotti, alle modalità di preparazione e penso che questo faccia una certa differenza con il cucinare per dovere e non per passione.
La genesi di questa versione “eretica” delle capresi e della mia passione per questo dolce nasce per caso. Un giorno adocchio Lydia con questa ricetta bianca al limone e già mi scatta il trip alla vista degli agrumi…poco dopo arriva anche Cibou con le sue capresi bianche pistacchio e arancia e qui confesso di essere definitivamente capitolata! Ovviamente il primo pensiero è stato: cavoli, ma il pistacchio e l’arancia con il ciocco fondente sarebbero perfetti!
Mumble mumble mumble alla fine mi decido e dopo una pluriconsultazione sulla consistenza delle mandorle e sulle dosi di burro con Lydia, che ringrazio ancora pubblicamente per la disponibilità, sono arrivata alla mia versione in cui ci ha messo lo zampino anche Montersino nella sostituzione del burro con l’olio (da Golosi di salute.)
È stato amore al primo assaggio, vi dico solo che ho rischiato di non infornarle neppure da quanto era buono l’impasto crudo! Unico neo, se così di può dire, il colore verde acceso del pistacchio che si perde in cottura.
Ingredienti per 18 minicapresi
200 gr di cioccolato fondente al 60%
100 ml di olio extravergine delicato (il mio era di olive taggiasche)
200 gr di pistacchi sgusciati (non salati)
190 gr di zucchero integrale di canna mascobado
5 uova
Succo di un’arancia media
Scorza grattugiata di 2 arance medie
9 gocce di olio essenziale di arancia (mi raccomando verificate sempre che sia commestibile, quelli per i profumatori ambientali spesso non lo sono!)
lunedì 15 marzo 2010
Focaccia Madre di segale alla salvia
E finalmente anch’io a panificare con la pasta madre, come ogni foodblogger che si rispetti.
C’è voluto un po’ ma parrebbe che dopo qualche insuccesso stia riuscendo a capirci qualcosa e soprattutto sia riuscita a domare il malefico blob! Se avete un minimo di confidenza con la panificazione con il lievito di birra, saprete che fare il pane fatto in casa ha poteri terapeutici (il profumo il profumo...), che è un rito antico e magico ma saprete pure che talune volte è un terno al lotto, soprattutto non disponendo di attrezzature adeguate (a meno che qualcuno di voi non sia dotato di cella di lievitazione casalinga nel qual caso si faccio vivo subito…). Avrete individuato l’angolino giusto in cui nascondere ben coperto il vostro impasto al calduccio e al riparo dalle correnti d’aria, sperando che faccia il suo dovere, ma poi ci si mettono in mezzo tutti: la temperatura, l’umidità, l’acqua, il sale, la farina (per esempio quella di segale è particolarmente fetente, non lievita neanche con le macumbe e le formule magiche, a meno di non teletrasportare l’impasto in alto Adige), la luna, sia quella in cielo che la nostra (quando ci si mette quella poi siamo fregate in partenza). Bene, nel caso non vi foste ancora lanciate nell’impresa pasta madre, sappiate che con lei è anche peggio e fa i capricci come i bimbi! Non per niente come tutte le possidenti di tale magia, mi sento fiera madre adottiva del mio piccolo malefico blob (non a caso talune gli danno un nome e non a caso va curata effettivamente come un neonato). Il lieto evento è avvenuto non per mano mia ma grazie a Marcella, un’amica (quella del tè poco sotto e che ogni tanto vedete sbucare nei commenti) che ho conosciuto grazie al Pasto Nudo. La situazione tipo era che dopo vari scambi di commenti abbiamo scoperto di abitare nella stessa città e al nostro primo incontro dal vivo lei si è presentata con il vasetto di pasta madre sul tavolino del bar (avranno pensato a uno scambio di sostanze stupefacenti?) anzi per la precisione la mia è pasta madre in coltura liquida, niente di impressionante, in pratica è sempre lei che con un breve processo si trasforma in una pappetta molliccia. Per tutte le spiegazioni vi rimando da Izn perché rischierei di fare confusione dato che pure io devo ancora prendere bene le misure…..quello che vi posso dire è che il lievito madre in coltura liquida ha 2 fondamentali vantaggi secondo me: per prima cosa è l’ideale per i lievitati dolci (io l’ho usato con il fantomatico pandoro prima della sua infausta fine era lievitato meravigliosamente) e per seconda ma non meno importante, almeno per me che non riesco a panificare spesso, è che può rimanere in frigo senza rinfreschi (e senza rischiare la sua prematura dipartita) anche per un mese!!!! ammetto che quando l’ho scoperto l’entusiasmo era alle stelle).
Come utilizzarlo? Semplicissimo, come la pasta madre normale, basta prelevarne una parte e fare i suoi rinfreschi per renderlo arzillo e il gioco è fatto!
Schema base rinfreschi:
1° rinfresco:
Lasciare riposare 6-8 ore in luogo riparato
2° rinfresco:
Lasciare riposare 6-8 ore in luogo riparato
Poolish:
Lasciare riposare 6-8 ore in luogo riparato
A questo punto il vostro poolish è pronto per essere utilizzato!
Ed ecco qui la focaccia che ho temerariamente impastato con una decisa percentuale di segale, ma evidentemente c’era una luna altoatesina e il prodotto è riuscito benissimo, l’alveolatura non è venuta come al solito, ma il gusto e la morbidezza non ne hanno risentito!
Focaccia madre di segale alla salvia:
100 gr di Poolish (vedi sopra)
150 gr di farina di segale
180 gr di farina 0
1 cucchiaio raso di malto di riso
160 gr di acqua circa
3 cucchiai di salvia fresca tritata
2 cucchiai di olio
6 gr di sale
Versate il poolish nella ciotola della planetaria, unite il malto, versate l’acqua tiepida e avviate a velocità minima (1) con il gancio. Alzate la velocità (2), aggiungete i due tipi di farine setacciate, la salvia, il sale e quando è tutto amalgamato versate l’olio a filo. Impastare per circa 8-10 minuti fino a che non è incordato. Formate una palla, lasciatela lievitare al caldo in una ciotola unta d’olio e coperta da un telo umido per circa due ore. Riprendete l’impasto fate due giro di pieghe, riformate la palla e ponetela ancora a lievitare nella ciotola per circa 3 ore - 3 ore e ½ (io l’ho messa nel forno acceso a 30° perché in casa c’era troppo freddo). A questo punto dovrebbe essere raddoppiata, prendete l’impasto, lavoratelo con le dita e stendetelo delicatamente in una teglia rotonda da 30 cm di diametro abbondantemente oliata (oppure rivestita con carta forno). Coprite, lasciate riposare ancora 30 minuti, nel frattempo portate il forno a 250° e preparate la salamoia emulsionando 3 cucchiai di olio extravergine con 2 cucchiai di acqua e poco fior di sale. Distribuite la salamoia sulla focaccia facendo piccole fossette con i polpastrelli delle dita, infornate, abbassate a 220° e cuocete per 10 minuti forno statico e 10 minuti forno ventilato. È buonissima anche da sola ma con pecorino stagionato, salame piacentino o speck è divina!
sabato 13 marzo 2010
99 COLOMBE

scrivo da L'Aquila e precisamente da dentro una casina di legno antisismica che è diventata la mia nuova dimora lavorativa dopo il terremoto. Il mio nome è Mara Marinangeli, mi occupo di Progetti Speciali, di strategie , di nuovi modi di inventare un modo di proporre il marchio Sorelle Nurzia che è l'azienda per la quale lavoro......non saprei dire onestamente che lavoro faccio da dopo il 6 aprile 2009 se non che invento ogni giorno la mia vita e quella di chi accanto a me ha deciso di non fermarsi e di far prevalere l'ottimismo innanzitutto.
Sarebbe illogico e falso se dicessi che va tutto bene ma la giusta ottica è quella che mi spinge a vedere sempre il bicchiere mezzo pieno e l'entusiasmo nel vivere la mia vita e nel cogliere le opportunità che questa tragedia ci ha messo davanti . Se si vuole vedere il nero qui ce n'è da ogni dove. Basta attraversare la strada davanti la fabbrica e ti trovi dentro Onna, dentro un paese fantasma dove i pullman di tutto il mondo vengono facendo tappa prima di arrivare a Pompei...più o meno i viaggi della tragedia ormai li dirottano tutti qui. Vai dentro un paese raso a suolo , ti accori, ti giri intorno e poi guardi le nuove casine della ricostruzione dove le persone sembrano statuine in un presepe finto , dove sembra che la normalità abbia ripreso il suo posto ma dove mancano all'appello due generazioni: quella dei ragazzi e quella dei bambini del paese.
Questo è quello che vedi dentro Onna ma che a specchio trovi in ogni paese che circonda L'Aquila. La mia città senza più il suo cuore pulsante, i suoi portici pieni di vita, le sue 99 chiese, 99 piazze, 99 fontane....senza la casa dove vivevo con la mia famiglia , le mie due bambine e mio marito. Casina antisismica di legno anche per la mia vita familiare. Molto poco in piedi di tutto ciò che ci aveva lasciato il passato ma tanta energia giovane è rimasta ad osservare ed a progettare il modo e tempo giusto e propizio per rialzarsi. Tra queste persone ci sono io con tutti i miei colleghi di Sorelle Nurzia che dall'11 maggio, appena sono tornati a riaccendersi i forni della fabbrica non abbiamo perso tempo siamo tornati a lavorare con una grinta incredibile. Il terremoto ci ha sorpresi in modo vigliacco, di notte, sorprendendoci nel sonno. Ci ha tolto tanto in 20 secondi dopo i quali abbiamo dovuto riorganizzare completamente le nostre vite ma abbiamo capito da subito che il lavoro ci avrebbe ridato la dignità e l'energia per non spegnerci dentro tanto dolore da cui eravamo circondati. La vita nelle tendopoli è stata un'esperienza di grande crescita. La condivisione degli spazi con persone sconosciute, la mensa con altre 250 persone con cui si pregava prima di mangiare, la scuola dei bambini conquistata con grande fatica pur di non permettere che vivessero come senzatetto lasciati senza una guida o un punto di riferimento di un'insegnante. Fare la fila per poter fare una lavatrice, non avere una parrucchiera per mesi. A ripensarci mi vengono i brividi ma sento che siamo stati eroici. Sorelle Nurzia ha fornito dentro le tendopoli le colazioni per tanti sfollati, io andavo a contare i cartoni nelle tende-mensa per fare un minimo di inventario ed aiutare la Protezione Civile, la Croce Rossa o le Misericordie che gestivano i campi a fare i rifornimenti ed agevolarli negli scarichi dei prodotti . Chiudono le tendopoli e arriva il Natale folgorante del 2009 con la solidarietà di tutto il mondo che ci ha cercati e sostenuti acquistando i nostri torroni e panettoni. Ma il momento più temuto non si è fatto attendere ed è stato gennaio dove è arrivato lo stop fisiologico nel quale l'azienda ha avuto un calo di commesse. Non esistendo più il mercato locale del centro storico si sono fermate automaticamente le vendite dei nostri favolosi biscotti che fornivamo nelle enoteche, nei bar, nei negozi specializzati, negli alimentari o nei centri commerciali. Non ho paura ma mi rendo conto che senza L'Aquila ho bisogno di trovare un indotto commerciale fuori questo territorio dolorante dove la ripresa sarà lenta e faticosa. Quindi internet che mi permette ogni giorno di conoscere tante persone tra le quali i foodblogger , un gruppo di originali appassionati del mondo del cibo. Ho 41 anni ed ho sempre lavorato nel marketing, guidata da studi accademici che mi facevano camminare quasi su un territorio tracciato da altri. Dopo il 6 aprile mi sento un'esploratrice, una pioniera che cerca, curiosa, osserva luoghi e mosse come se fossi la prima a scendere su un'isola deserta. Ripartire , o meglio risorgere dopo un sisma catastrofico dove non hai più neanche un punto di riferimento in piedi è davvero difficile ma allo stesso modo affascinante. Quando hai bisogno di ago e filo e sei costretto a chiederlo a qualcuno che te lo deve portare da Roma il giorno seguente capisci che devi ripartire da zero e se sei coraggioso fai finta di niente e riparti altrimenti fai le valige e decidi di tornare dopo un paio di anni quando qualcuno al posto tuo avrà provato a riattaccare i pezzi di un puzzle.
Noi abbiamo deciso di rimanere non senza vivere momenti di grande sconforto ma Sorelle Nurzia è stata la nostra ancora, un transatlantico che è uscito fuori rotta , ha imbarcato un pò d'acqua ma poi grazie a chi stava al timone ha ripreso la via, cercando di non guardarsi mai alle spalle e sostenendo chi aveva momenti di cedimento. Ora siamo migliori di prima, sicuramente persone diverse ed orgogliosi di non aver mai abbandonato la nave. Anzi....
Nuova vita...nuovi modi di lavorare e produrre. Lavorare sulla destagionalizzazione di Sorelle Nurzia è stato il mio primo pensiero , uscire dal binomio Sorelle Nurzia uguale torroni uguale Natale ma piuttosto Sorelle Nurzia ......tentazioni tutto l'anno.
Ho letto , non so dove, che quando ci sono grandi avvenimenti catastrofici , situazioni negative che cambiano la vita, di contro ci sono nuove risorse che lo spirito di sopravvivenza ti spinge a tirare fuori . Forse è propri dietro questa filosofia che è uscita la nuova linea di Sorelle Nurzia che propone la Pasqua con colombe, pizze di Pasqua prodotte con patate locali e lievitate 2 giorni, uova di cioccolato realizzate con il nostro cioccolato del torrone e ovetti confettati, praline di ogni tipo, amaretti, cantucci al pistacchio e tanti tanti altri prodotti da forno.
Vi invito quindi a visitare il nostro sito www.sorellenurzia.it, anzi , mi piacerebbe invitarvi in fabbrica qui da noi per conoscerci e visitare un pezzettino dell'Aquila produttivo e pieno di vita!!!
Se poi siete interessati a qualche prodotto o alla nostra linea di biscotteria potete contattarmi , sarò lieta di darvi ogni consiglio o chiarimento.
Vi abbraccio
Mara"